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Sam, Avr

La recente posa in opera del busto restaurato di don Alberione nell’atrio della cappella della casa paolina di Albano Laziale – attualmente sede del noviziato internazionale – è stata per tutta la comunità un’occasione per ripercorrere nel tempo quanto è stata preziosa e significativa negli anni questa casa da tutti conosciuta come Casa degli Scrittori. Fortemente voluta dal fondatore, la casa fu da lui stesso definita «la più importante e il cervello dell’Istituto, dopo la Casa Generalizia di Roma». [1]

Dopo essere stati ospitati per due anni nella casa del noviziato sita in via Castro Partico 12, il gruppo di sacerdoti paolini scrittori, scelti da don Alberione, il 6 novembre 1950 si trasferiscono definitivamente in questa casa, che rimarrà tale fino al 28 ottobre 1978. Alla guida degli scrittori paolini viene messo don Carlo Tommaso Dragone (1911-1974), ricordato da tutti per il suo brillante commento alla «Divina Commedia» di Dante che ha avuto parecchie edizioni e traduzioni in lingue straniere. Ma, per don Alberione, don Dragone è anche un punto di riferimento teologico. A lui affida studi pazienti e faticosi sulla spiritualità paolina e particolarmente sui fondamenti teologici, filosofici e scientifici della principale devozione della Famiglia Paolina, cioè su Gesù Divino Maestro Via, Verità e Vita. Altra attività che merita qui essere ricordata sono i commenti personalizzati del Vangelo. Nel porgere il Vangelo a tutte le categorie di persone si mostra pioniere don Giovanni Evangelista Robaldo. La sua opera era già iniziata in Polonia in collaborazione con San padre Kolbe. Da ultimo, ma non ultimo, gli scrittori paolini collaborano stabilmente con le riviste paoline Vita Pastorale, Orizzonti, Famiglia Cristiana, La Madre di Dio, scrivendo articoli e rispondendo alle lettere  dei lettori.

Questo ci ricorda quanto sia vitale per noi paolini che la congregazione formi i propri scrittori, menti preparate e capaci di dire la loro sulla parte principale e più essenziale del nostro apostolato, quella redazionale. Agli scrittori paolini di Albano viene anche affidata la cura spirituale e pastorale della numerosa Famiglia Paolina dei Castelli Romani e così realizzano in pieno quanto afferma don Alberione stesso: «La Famiglia Paolina ha una larga apertura verso tutto il mondo, in tutto l’apostolato: studi, apostolato, pietà, azione, edizioni. Le edizioni per tutte le categorie di persone; tutte le questioni e i fatti giudicati alla luce del Vangelo; …portare nel cuore tutti i popoli; far sentire la presenza della Chiesa in ogni problema» [2].

Ma, non è tutto. Nella casa degli scrittori è iniziato anche il percorso istituzionale della congregazione. Essa infatti si onora di aver ospitato dal 4 al 15 aprile 1957 il primo capitolo generale della Pia Società San Paolo durante il quale don Alberione fu unanimemente eletto superiore generale. Come ci racconta don Luigi Rolfo, «l’apertura del Capitolo fu fissata per il pomeriggio del 4 aprile 1957, giorno in cui il Fondatore compiva 73 anni, ad Albano Laziale, nella casa detta degli Scrittori, che era stata aperta da pochi anni e ospitava una decina di religiosi. Secondo le disposizioni del Codice di Diritto canonico, esso si aprì con sei giorni di Esercizi Spirituali per i trentatrè Padri capitolari» [3].

Subito dopo l’elezione a superiore generale don Alberione espone ai capitolari la sua difficoltà di passare da un governo di tipo familiare e paterno, tipico di un fondatore, ad un modo di guidare la congregazione seguendo i canoni. «La mia difficoltà – egli dice – oltre all’età e tutti i difetti, è che siamo sempre andati avanti un po’ come in famiglia. Il concetto di famiglia non potrà mai venire meno in un Istituto; ma si troverà difficoltà a passare da quel modo familiare a un modo di guidare più secondo i canoni. Quindi da una parte temo molto e dall’altra ci vorrebbe un governo del tutto regolare secondo i canoni». Il segretario della sacra congregazione dei religiosi, sua eccellenza p. Arcadio Larraona, che presiedeva la votazione, risponde così a questa difficoltà di don Alberione: «La votazione è stata così unanime che nonostante queste difficoltà i capitolari vogliono così. Se il bambino di dieci anni conoscesse le difficoltà che avrà nella vita, si spaventerebbe. Le avrà a suo tempo. Quindi, questo bambino che passa dal periodo familiare al periodo più libero avrà le sue difficoltà; ma la cosa si farà da sé; che poi qualche piccola difficoltà o pasticcetto si faccia, è inevitabile”. Quindi il Rev.mo P. Larraona legge la formula della proclamazione» [4].

La lezione di umiltà di don Alberione, che accenna alla sua età non più consona con la carica che dovrà coprire e ai suoi difetti, si ripete nel discorso che pronuncia a chiusura del capitolo: «E ora ecco la conclusione: abbiamo avuto dei giorni santi, abbiamo fatto le nostre discussioni nella più ampia comprensione e carità. Ringraziamo bene il Signore questa sera e vi prego di sopportarmi ancora un poco e intanto di pregare per il Primo Maestro con una di queste preghiere o Miserere o De profundis» [5]. In realtà, in questo suo discorso don Alberione usa frasi forti come: «bisogna cominciare a fare quello che si può e a non aver vergogna a cominciare dalle cose piccole… non fatevi allucinare da cose grandiose… Gesù ha cominciato in una grotta e poi è arrivato a compiere la sua missione universale… l’apostolato è il mezzo di vita delle nostre case, perché questo è il nostro modo ordinario di vivere; la beneficienza e le offerte sono sussidiarie» [6].

Anticipando, poi, quella che è la fisionomia attuale della nostra casa di Albano, che dal 2017 ospita il noviziato internazionale, dice questo sulla cura delle vocazioni: «Il problema numero uno è quello delle vocazioni. Questo deve rimanerci ben fisso in mente perché le case sono di vocazioni…». E, riferendosi all’educazione dei giovani aspiranti, suggerisce ai superiori e maestri questo metodo educativo: «Noi tutti nella formazione dei nostri, prendiamo a cuore i problemi dei singoli e non solamente l’educazione in generale, ma coltiviamo le singole pianticelle; e posso anche dire questo: valorizzare l’esperienza dei primissimi e non aver vergogna di metterci coi bambini per coltivarli uno per uno» [7].

Infine, ad ogni paolino don Alberione dice che è ormai tempo di superare i personalismi e l’individualismo che minano la convivenza e non fanno aprire il proprio cuore all’aiuto reciproco e all’universalità: «Allora mettiamo tutto insieme e aiutiamoci a vicenda... dappertutto far sentire la Congregazione. L’isolarci, il considerare solo noi stessi ci mette in una posizione in cui la carità se ne va. No, ma sentire la Congregazione, e sentire la Chiesa e sentire l’umanità» [8].

 

NOTE

  1. VV. – 50 anni a servizio della Chiesa con i mezzi della comunicazione sociale. La famiglia paolina dal 1914 al 1964 – Edizioni Paoline 1964, pag. 62
  2. Alberione G.– Abbundantes Divitiae, numero 65
  3. Rolfo L. – Don Alberione – Edizioni Paoline 1974, pag. 357
  4. Esposito R. F. – Carissimi in San Paolo – Edizioni Paoline 1971, pag. 174
  5. Ivi, pag. 176
  6. Ivi, pag.177
  7. Ivi
  8. Ivi

 

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27 avril 2024

Feria (bianco)
At 13,44-52; Sal 97; Gv 14,7-14

27 avril 2024

* 2003 D. Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, è proclamato Beato • FSP: 2017 a Tamatave (Madagascar).

27 avril 2024SSP: D. Pancrazio Demarie (1954) - Fr. Salvatore Fabio (1954) • FSP: Sr. Angela Cavalli (2009) - Sr. Giovanna Ballini (2012) - Sr. Nicolina Pastorino (2021) • IMSA: Gaetana Piazzese (2017) • ISF: Pietro Deplano (1991) - Salvatore D’Aprile (2005) - Luigi Cocci (2011).