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Qui., Mar.

Ogni anno il 20 agosto ci fa rivivere quello storico 20 agosto 1914 quando il giovane Don Alberione, con i due primi giovanissimi ragazzi, dava inizio alla Famiglia Paolina. In quel momento sia per lui, sia per i due ragazzi, l’Opera intrapresa era soltanto un sogno con il futuro pieno di interrogativi. Oggi possiamo ben dire che il sogno di Don Alberione è diventato una grande realtà, forse anche più grande di come la pensava lui in quel lontano 20 agosto 1914… 

Tante persone si sono domandate perché l’Opera di don Alberione si sia sviluppata così bene e abbia portato tanto frutto nel mondo. Altrettante persone hanno dato le loro risposte. Invece la risposta che il Primo Maestro dava al successo delle sue iniziative era sempre la stessa: «Tutto è venuto dalla Divina Provvidenza». L’espressione più conosciuta di quella risposta fu la famosa “cambiale” («cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia»), trasformatasi, poi, in quella preghiera alla Divina Provvidenza che conosciamo come “Segreto di riuscita”, di cui celebriamo quest’anno il Centenario.

Il metodo di fidarsi di Dio di Don Alberione lo potremmo chiamare “provvidenzialismo demenziale controllato”. “Provvidenzialismo”, perché contava sempre sulla Divina provvidenza. Ai nostri primi di Alba non è mai mancato nulla e c’erano quattrocento bocche da sfamare, vestire e istruire… Si, hanno passato dei momenti duri, ma a loro non è mai mancato nulla. “Demenziale”, perché a volte Don Alberione ha fatto salti nel vuoto con una fiducia cieca nella Provvidenza, quando, ad esempio, ha mandato all’estero i primi missionari paolini a mani vuote o quando ha deciso di costruire il Santuario Regina degli Apostoli a Roma in quei poverissimi anni del Dopoguerra. Infine, “controllato” perché questi salti nella fede non si sono verificati con troppa frequenza e, inoltre, la Congregazione ha sempre pagato i suoi debiti.

I fatti sorprendenti, per non dire prodigiosi, di questa fiducia nella Divina Provvidenza sono numerosi. Un giorno d’inverno, al chierico Lorenzo Bertero, che era tornato con le mani vuote da un giro di propaganda, Don Alberione diede un indirizzo preso a caso dallo schedario dei benefattori, pregandolo di recarvisi. Il giovane obbedì e partì verso un paesino del Piacentino. Dall’oste apprese che si trattava di una vecchina, che abitava nella valle. Era notte e la strada era ghiacciata. Raggiunta a piedi la cascina, la vecchina lo rifocillò. Dopo aver appreso il vero motivo della visita, donò al giovane chierico diecimila lire in cartelle del tesoro, pregandolo di salutare il santo sacerdote Don Alberione.

Tre cose sulla Provvidenza sembrano importanti da considerare:

  • La Divina Provvidenza non è un gioco da bambini: Dio ci conosce intimamente e sa ciò di cui siamo capaci. Come dice Sant’Agostino, dobbiamo fare ciò che possiamo e chiedere per ciò che non possiamo fare. Ma non si può barare. Se non facciamo la nostra parte, non potremo sperare che Dio faccia la sua.
  • La Divina Provvidenza non è un tiranno: Dio non ci chiede l’impossibile! Ci chiede di fare il nostro dovere, niente di più! A tutto il resto ci pensa Lui! Se ad esempio a un giovane prete albese avessero detto che avrebbe dovuto fondare una Famiglia religiosa di circa 8.000 membri che si estende in 68 paesi di tutti i continenti, il povero prete sarebbe morto di angoscia, pensando che tutto questo sarebbe stato più pesante delle sue proprie forze. Ma invece Dio gli ha detto: «Va’ e fai qualcosa di buono per la Gloria di Dio e la pace degli uomini di questo nuovo secolo». E proprio questo, che noi tutti conosciamo e ammiriamo di lui, egli ha fatto. Tutto il resto è stato aggiunto da Qualcun Altro…
  • La Divina Provvidenza non agisce direttamente: soltanto in cielo vedremo in quali persone, incontri, sconfitte, delusioni e avvenimenti “casuali” stava operando la Divina Provvidenza nella nostra vita, per condurci a realizzare la missione alla quale Dio ci ha chiamati. Don Alberione, da parte sua, «non forzò mai la mano di Dio. Gli bastò vigilare e lasciarsi guidare, impegnare nei vari doveri tutta la mente, la volontà, il cuore, le forze fisiche; attendere sempre il segno di Dio».

Il vero intralcio alla Provvidenza – ripeteva il nostro Fondatore – è il peccato, che è un ostacolo diretto per la santificazione e per le vocazioni e un ostacolo indiretto per i bisogni materiali e lo sviluppo delle opere.

Guardando la nostra difficile realtà d’oggi (mancanza di vocazioni, scarsità economiche, età media alta dei membri, etc.), ci sembra che Dio non si preoccupi delle nostre necessità. Con l’aiuto della fede siamo chiamati, però, a provare a capire cosa Egli stia davvero compiendo nella nostra vita. 

* Tomasz Lubas è l'Economo generale della Società San Paolo.

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