Ariccia,

  
  
  
  
  
  
  

  
  
  

   

    

 

 

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Omelia di don Silvio Sassi
alla Messa di ringraziamento del 19 maggio 2004

II brano del Vangelo che è appena stato proclamato contiene alcune delle parole di consolazione che, nel Vangelo di Giovanni, il Cristo risorto rivolge ai suoi discepoli prima di salire alla "destra del Padre".

Perché l'ascensione al cielo non sia un nuovo episodio di angoscia e tristezza per i suoi discepoli, Gesù li prepara spiegando loro che la scomparsa visibile dai loro occhi non è un abbandono, ma è l'inizio della presenza dello Spirito.

II rapporto tra il Cristo risorto e i discepoli ha un futuro perché: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso". Sarà lo Spirito di verità che "guiderà i discepoli alla verità tutta intera".

La relazione tra Cristo e i discepoli compie un paso più eplicito coinvolgendosi in un rapporto di fede dove entrano in dialogo il dinamismo delle Persone della Trinità e i discepoli che continuano la loro esistenza di ogni giorno.

La vita di fede del cristiano di ogni tempo e dunque, anche la nostra, è vissuta negli ampi orizzonti del vivere e dell'operare della Trinità che per sua misericordia ha voluto chiamarci alla vita e offrirci in Cristo la possibilità di diventare eterni.

Senza questo innesto nella vita delle Persone divine il nostro essere e il nostro fare mancherebbe di quell'energia che dà senso a tutto il nostro essere. E dalla comunione della Trinità che la nostra fede personale diventa una ragione forte di vita per noi e si trasforma in atto missionario nella nostra comunicazione apostolica.

L'episodio di Paolo che parla all'Areopago appartiene a questa vitalità di una fede missionaria. Per noi Paolini e Paoline l'atteggiamento di Paolo dinanzi all'Areopago è un modello di riferimento costante che interroga la qualità della nostra fede e le scelte dei nostri apostolati.

Non lasciamoci trarre in inganno dall'apparente insuccesso vissuto da Paolo; gli esegeti di oggi ci offrono argomenti documentati per non essere superficiali nel meditare questo episodio.

Meditando come l'evangelista Luca descrive la preparazione del discorso di Paolo, la Chiesa di ogni tempo e, in essa anche noi Paolini e Paoline, possiamo meglio capire la necessità di porre al centro dei nostri apostolati il destinatario, di aprirci all'interculturalità, di assumere l'inculturazione come metodo di evangelizzazione e di ripensamento del carisma Paolino, di "farci tutto a tutti".

Nelle parole che ho rivolte al Santo Padre nell'udienza che ha concesso al nostro Capitolo generale, ho voluto riaffermare davanti a tutta la Chiesa il nostro impegno di fedeltà creativa al carisma Paolino: "Nello spirito dell'apostolo San Paolo, desideriamo essere, nella Chiesa e per la Chiesa, un "laboratorio" di frontiera per considerare la comunicazione in rete un'opportunità per il Vangelo e per "parlare di tutto cristianamente", come ci ripeteva il Primo Maestro.

Con gratitudine abbiamo potuto costatare nel discorso del Santo Padre un forte incoraggiamento e una conferma: ogni generazione di Paolini deve scoprire la personalità di San Paolo, la "mistica apostolica" del Beato Don Alberione e l'impegno di cogliere l'opportunità di ogni forma di comunicazione come via privilegiata per inculturare il Vangelo.

Se i Paolini e le Paoline del terzo millennio vogliono essere "San Paolo oggi vivente" devono avere il coraggio di entrare nel futuro, di assumere i cambiamenti della storia, di inventare nuove forme di predicazione.

Come il Primo Maestro fondando la Società San Paolo e, successivamente tutte le altre Istituzioni della Famiglia Paolina, ci ha dotato di una spiritualità apostolica nella comunicazione della stampa e dei mass media, con il conforto del magistero, noi Paolini e Paoline del terzo millennio dobbiamo avere l'audacia di protenderci in avanti nella cultura di comunicazione.

 

 

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Updated 25/05/04 -   [email protected]