Per avere la creatività necessaria per aprirci ad una nuova mentalità e per operare cose nuove, rinnoviamo la nostra disponibilità a collaborare con Dio.

Omelia. La nostra riflessione sulle letture che sono state appena proclamate, tiene conto del contesto che abbiamo vissuto insieme ed è come assemblea di Famiglia Paolina che desideriamo cogliere nella Parola di Dio qualche solido appoggio da valorizzare per il futuro del nostro carisma.

Con la parabola delle giovani che vanno incontro allo sposo per formare il corteo nuziale (Mt 25,1-13), l’evangelista Matteo ci mostra come la comunità di cui egli è espressione ha dato una risposta al ritardo della venuta gloriosa di Cristo che tutti credevano imminente. Chi crede in Cristo deve vivere nella condizione di essere pronto a qualsiasi momento, perché non conosciamo la data precisa del suo arrivo. La fede che si premunisce contro le sorprese del tempo è paragonata alla giovane che con la lampada porta con sé la riserva nei vasi.

Con la dovuta proporzione, applichiamo questa saggezza evangelica ai risultati del nostro Seminario. La ragione che ha fatto scaturire l’idea e il programma di questo incontro è stata la constatazione di una differenza tra gli studi esegetici attuali su San Paolo, l’interpretazione che dà dell’Apostolo il nostro Fondatore e l’incarico che è stato affidato alle Paoline e ai Paolini di oggi di “essere San Paolo vivo oggi in un corpo sociale”. Sembra che i risultati esegetici ci offrano la personalità di San Paolo con alcune caratteristiche che non sempre sono in sincronia con la lettura che di lui fa il beato Alberione e che la vita paolina concreta di ogni giorno incarna.

Anche per noi il tempo che passa ha influenzato la fonte spirituale ispiratrice del nostro carisma e se è indiscutibile che il Fondatore ha realizzato con opere una lettura tuttora originale e ammirevole dello spirito di San Paolo, dopo quasi cento anni è necessario riflettere sullo stesso carisma per ripensarlo e riesprimerlo.

La Società San Paolo e la Famiglia Paolina hanno bisogno di premunirsi con un “olio di riserva”: siamo chiamati alla responsabilità della previsione. Anche gli studi attuali su San Paolo contribuiscono a creare un contesto storico che richiede non qualche correttivo superficiale, ma un intero ripensamento di fondo della spiritualità e della missione paolina.

Gli elementi mutabili del carisma non sono solo interrogati dalla continua sorpresa dei cambiamenti nella comunicazione, ma anche dalle conclusioni inattese degli studi su San Paolo. Sono così due le fonti di ringiovanimento per il nostro carisma: una nuova comprensione dell’esperienza di fede pensata, scritta e predicata da San Paolo e una nuova visione della comunicazione in cui abbiamo ricevuto l’incarico di evangelizzare.

Ponendo mano a questo rilancio del carisma paolino nella spiritualità e nella missione, dobbiamo conservare saldamente davanti ai nostri occhi il metodo creativo del Fondatore. Occorre saper fondere l’impegno della santificazione con la missione dell’evangelizzazione che il beato Alberione ha percepito racchiuso nell’invito di Cristo: “Venite tutti  a me” (Mt 11, 28). Il carisma paolino va ripensato con una fede missionaria nella comunicazione. La preoccupazione di tutta l’opera fondazionale di Don Alberione è la pastorale: sul modello di San Paolo, “farsi tutto a tutti per salvare ad ogni modo qualcuno” (1Cor 9,22). L’obiettivo è che una vita nuova n Cristo personale, diventi “salvezza”, testimonianza utile ed efficace per altri.

Valorizzando da questo punto di vista la prima lettura (1Gv 1,5-2,2) possiamo sottolineare questo passaggio: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato preso il Padre: Gesù Cristo giusto”.

Questa affermazione va raccolta da noi Paoline e Paolini per essere convinti del ruolo di Cristo nei confronti del credente in lui, ma anche nel senso che questa verità è “scritta”: l’autore si propone di raggiungere lo stesso obiettivo di consolazione presso i credenti anche quando sono i lettori di una sua lettera. Troviamo qui fondamento allo zelo pastorale del beato Alberione: “La predicazione scritta accanto alla predicazione orale”.

L’elaborazione del carisma paolino, operata dal Fondatore con la luce dello Spirito, ci è di insegnamento anche per la mentalità con cui ha operato: disegnare un progetto completo di nuova evangelizzazione. Questa precauzione ci permette di evitare il pericolo di ringiovanire il carisma solo integrando l’ultima tecnologia comunicativa. Sarebbe fatale!

Tutte le componenti dell’evangelizzazione (i destinatari, i contenuti del messaggio, il metodo con cui agire, i mezzi adottare, le persone da coinvolgere) devono essere da noi pensati con la totalità delle “quattro ruote del carro paolino” (spiritualità, studio, apostolato, vita comune e voti). Nel tempo di preparazione al centenario di fondazione, la Famiglia Paolina ha l’opportunità provvidenziale di ripensare le quattro “ruote del carro” non singolarmente, ma insieme perché siano in grado di accelerare il moto dell’evangelizzazione.

In questo modo opera con la prudenza di dotarsi della riserva d’olio, come ci ricorda il vangelo di oggi, e di avere chiaro l’obiettivo di evangelizzare anche con la comunicazione (come la prima lettura mostra servendosi della lettera).

Don Silvio Sassi, SSP
Superiore generale